Le bambine e le ragazze sono le principali destinatarie dell’attenzione verso chi ha bisogno d’aiuto soprattutto nel corso del 1500 . Per queste trovano facili ed efficaci modi per collaborare Chiesa e privati benefattori. Come scrive Claudia Mazzoli, in particolare nel 1500, risolvere il problema di bambine abbandonate, di ragazze da indirizzare al matrimonio o al velo monastico corrispondeva ad esercitare una azione di controllo sociale in un tessuto dominato dalla povertà.

E’ il caso dell’orfanotrofio femminile, sorto di fronte all’ex convento di Santa Caterina in via Sabbatini. Le confraternitre religiose hanno rappresentato dei veri e propri ammortizzatori sociali, per lo meno fino al XVIII secolo, ma l’orfanotrofio fu l’istituto pressocchè laico.

Venne eretto nel 1595 attraverso le elemosine di alcuni benefattori, sotto la protezione della duchessa Vittoria Farnese, moglie di Guidubaldo II della Rovere. Era diretto da nove cavalieri e nove dame, scelti da Case de' gonfalonieri, che venivano eletti dal Collegio. In caso di morte o rinuncia, ne venivano proposti altri dal Rettore.

In seguito venne spostato in via Bonamini e nel 1634 venne trasferito presso la chiesa della Madonna di Loreto, in via dell'Ospedale, di cui si parlerà nella tappa 5.

L’edificio cambiò più volte destinazione d’uso; il luogo ospitò infatti prima l’orfanotrofio, poi le "Pupille Ricci", istituito da Antonio Ricci sempre per sostenere le donne prive del supporto delle famiglie. Nel periodo successivo all’Unità d’Italia, divenne il Conservatorio femminile, unendo le tre opere pie assistenziali per le giovani nubili (Pericolanti e Pupille Ricci). Qui fu anche la sede degli uffici della Congregazione di carità (almeno nel 1900), cioè l'ente che amministrava tutte le opere pie dopo l'Unità d'Italia

Da un libro di legati si apprende chei lasciti di private fossero diversi. Per esempio nel 1622 Ettore Mosca fece una donazione alla casa delle Orfane, lasciando degli obblighi ai rettori: ogni anno i reggenti nel giorno dell'Annunziata avrebbero dovuto comprare 18 pianelle per le 18 orfanelle presenti nell'Orfanotrofio; che ogni sabato le ragazze si sarebbero dovute andare a "pigliare il S.mo Rosario" per 'anima del benefattore nella chiesa di San Domenico.

Inoltre, dal foglio della visita del cardinal legato Giuseppe Doria (17 maggio 1788) apprendiamo importanti notizie sulla storia del luogo pio. Si sa infatti che vi vivono dodici orfane sotto la sorveglianza di una priora. L'età massima per l'ammissione è di 11 anni. Possono rimanervi fino ai 30 anni. Lo scopo è di maritarsi e quindi uscire. Le orfane lavorano , soprattutto ai telai e la vita quotidiana è regolata da una scansione precisa e ferrea delle attività. Gli uomini non possono entrare, tranne il confessore,il medico e I rettori, solo fino al refettorio. "Le alunne si applicano a leggere e scrivere sotto la direzione della priora come d'istruirsi ne' lavori a telaro di tele sotto la direzione della maestra". Vestono di color vario con manto di tela bianca in testa.

All'età di 30 anni escono; se vengono richieste da qualche onesta persona a condizioni vantaggiose vanno a servizio, oppure si sposano. Ricevono una dote di scudi 22 (lire 118.19.8).

 Nel 1763 si stabilisce in modo preciso che le orfane non possano rimanere a vita nell’orfanotrofio. Le doti si potevano anche cedere, come la storia di Rosa Rocchi che nel 1835 cedette a Michelina sua sorella la dote che le era stata concessa nel 1823.

Il legato istituito da Francesca Brizi Lonzi con testamento del 1696 aveva fatto un lascito all'orfanotrofio con le rendite del quale ogni anno si istituiva una dote per una fanciulla ricoverata e per una sua parente l'anno successivo, ad anni alterni.

L’orfanotrofio funge anche da luogo di regolamentazione sociale di questioni familiari particolari, come è il caso che si evince dal documento “Ammissione temporanea nell'Orfanotrofio come luogo di custodia d'una fanciulla che fuggì dalla casa paterna”, 1758-1760 Una fanciulla della diocesi di Urbino, "una fanciulla di onesto parentado ... mal soffrendo l'indiscretezza dei suoi genitori troppo incautamente fuggì... dalla casa paterna". accolta nel palazzo apostolico dal legato è inviata all'Orfanotrofio per una custodia temporanea, fino a che l'arcivescovo di Urbino non sistemi le cose in modo che possa ritornare a casa "con tutto il decoro della medesima e de suoi congionti".

Più tardi l’orfanotrofio si spostò: nel 1652 fu donata dalla Congregazione dei Mercanti una casa con chiesa annessa dedicata alla Beata Vergine Maria di Loreto, sita in via dell'Ospedale. Da questa casa fu edificato il nuovo edificio dell'Orfanotrofio su disegno di Tommaso Bicciaglia (rogito del 14 settembre 1779), con anche un oratorio pubblico.

Fu sempre soggetto all'autorità laica, ma durante il periodo napoleonico passò all'amministrazione della Congregazione di carità.